david bowie

“My mother said, to get things done You’d better not mess with Major Tom…”

Il nuovo video di David Bowie “Blackstar”, andato in prima visione nella notte del 19 novembre scorso, mi ha fatto molto riflettere.

Il video è diretto da Johan Renck, regista della serie televisiva The Last Panthers, che ha chiesto a Bowie di curarne la colonna sonora. È un corto della durata di circa dieci minuti che veicola la fantasia dello spettatore oltre la dimensione fantascientifica, così tanto cara a Bowie, già dalle prime sequenze.

La scena si apre su quello che appare come un arido pianeta mentre è in corso una eclissi di sole, e si concentra sul viso di una giovane donna. Ella si sta incamminando verso i resti di un antico visitatore, un astronauta, consumatosi all’interno di una tuta spaziale. Chissà, forse il destino toccato a quel Major Tom in Space Oddity? Il cranio ingioiellato attira la sua attenzione e merita di essere recuperato e portato come reliquia nella città deserta: la villa di Ormen (nome questo non scelto a caso e forse riferito al romanzo opera prima di Stig Dagerman “Ormen” (Il serpente) del 1945, che riflette le ansie e le paure della Seconda Guerra Mondiale, di cui Bowie è profondo conoscitore). Le sembianze della giovane donna ricordano alcune caratteristiche peculiari della sventurata artista sudamericana Frida Kahlo, caudata androgina, dalla schiena bifida. Bowie appare nel video ostentando una benda sugli occhi, sulla quale però sono applicati dei falsi occhi. Sono gli occhi di un cieco o forse di chi non sa o non vuole vedere la realtà?

Nella città buia e senza gioia di Ormen, una candela è accesa (stands a solitary candle / si erge una candela solitaria). Sembra sia stata lì da un milione di anni ed è ingigantita nel tempo da infinite colate di cera, la sua fiamma ormai è divenuta tenue. Forse è il simbolo di un riscatto quasi dimenticato o di una perduta speranza ed attende invano di annunciare il risveglio nelle menti e nei cuori delle genti.

All’interno di quella che sembra una vecchia chiesa sconsacrata, un Bowie sempre cieco canta per dei giovani discepoli a torso nudo, saldi nel corpo ma non nello spirito e che tremano e si contorcono come fossero predati da un male oscuro (un male che è solo dell’anima). Tremano per paura, per solitudine o per mancanza di certezze? Essi non sembrano avere alcun punto di riferimento.

La prima parte musicale termina in dissolvenza quando le inutili vestigia dell’astronauta verranno abbandonate nello spazio e distrutte nella fornace da quel sole oscurato dall’eclissi : ora l’involucro può essere distrutto avendo assolto la sua funzione.

Ma ecco Bowie, senza più bende, che appare con un libro in mano. Sulla copertina una grande stella nera. Mostra il libro come soluzione a tutti i mali. La luce lo colpisce e lui sembra vedere oltre, lontano, come i vecchi profeti di ogni credo prima di lui! Gli adepti smettono di tremare guardando a lui speranzosi, come alla nuova luce.

E qui Bowie continua. Lui è La Stella Nera, non un gangster, non una star del cinema o una star del porno e nemmeno una star ingannevole, ma egli è … colui che È (affermazione forte suffragata dal suo sorriso ironico e beffardo).

Bowie diviene quello che volete che egli sia. Oramai siamo tutti rapiti da falsi idoli alimentati dalle religioni nelle loro rappresentazioni meno sacrali e più superficiali.

L’insegnamento sembra giusto ma finisce nelle mani e nelle menti malsane degli uomini e come sempre quando il pensiero sublime si incarna diviene pesante e corrotto. Ed è un fantoccio senz’anima che si agita appeso a una croce; uno spaventapasseri senza cervello (citazione dal Mago di Oz), come ci mostra il video.

La religione che strumentalizza le genti da secoli ci fa paura, come ci terrorizza la creatura mostruosa che appare a fianco alle croci, perché essa rappresenta la non- speranza, una condizione di non-vita.

La giovane sacerdotessa giunge a destinazione, sulla sommità della città di Ormen. Espone il cranio ingioiellato alle donne che si prostrano in adorazione. E avviene ancora una volta! Ancora una volta la reliquia usurpa prepotentemente il messaggio di luce nascosto nei gioielli, che simboleggiano l’insegnamento. Poco dopo anch’esse si prostrano nel fango in preda allo stesso antico tremore dell’anima. La paura divora la mente degli uomini i quali torneranno ad adorare l’oggetto senza veramente curarsi del segreto racchiuso in esso. L’uomo ricade nello stesso vecchio errore di sempre. L’apparenza lo inganna ancora una volta, il circolo non si chiude ma continua vizioso e infinito.

Major Tom è morto. Ma forse la sua memoria potrebbe tornarci utile…se solo lo volessimo…Chissà, forse un giorno…(da L’uomo che cadde sulla terra).

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Marcella D’Amore è artista/pittrice Italiana. Nasce a Roma nel 1965 e si diploma al II Liceo Artistico Statale di Roma nel 1983. Dopo il liceo comincia subito a dipingere, indirizzandosi verso uno stile figurativo paesaggistico. Tra il 1984 ed il 1987 si trasferisce a vivere a Londra ed una volta rientrata a Roma, frequenta le gallerie e i centri culturali della capitale. Dagli anni 90 ai 2000, partecipa a diverse collettive e mostre personali. Durante questo periodo un’altra delle sue passioni, quella per il cinema, cresce con sua grande soddisfazione. Diventa dunque attrice e figurante in film come : ” La Passione di Cristo” di Mel Gibson, “Ocean’s Twelve” di Steven Soderbergh , “Mission Impossible 3” di JJ Abrams , nella serie tv “Roma ” e in un gran numero di fiction e film italiani. Nel 2007 si trasferisce nelle vicinanze di Termoli, Molise. La sua pittura che fino ad allora aveva rappresentato soggetti di giardini inglesi, campagne in fiore, marine con barche a secco, trabocchi; ha una svolta con un cambiamento di stile radicale nel 2011, quando nella sua ambizione di sperimentare nuove tecniche, si orienta verso l’arte astratta sfociando nel simbolismo e nell’informale e soprattutto nella pop art, che sta tuttora sviluppando in un progetto dedicato principalmente al mondo della musica.

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