EAGLES OF DEATH METAL

Gli EAGLES OF DEATH METAL hanno raccontato per la prima volta i dettagli della tragedia che si è consumata durante il loro concerto al Bataclan di Parigi, il 13 Novembre scorso, dove un gruppo di terroristi armati dell’ISIS ha fatto fuoco sulla folla uccidendo 89 persone.

La band ha parlato delle difficili decisoni che hanno dovuto prendere in una intervista di mezz’ora con il giornale VICE.

Ognuno dei membri della band ha spiegato come è riuscito a sopravvivere e a fuggire dal locale quando si stava compiendo il massacro.

Il chitarrista Eden Galindo ha detto: “All’inizio, ho pensato che l’impianto stesse andando in pezzi ma poi ho capito subito che non era quello. In quel momento Jesse (il cantante) è corso verso di me e siamo andati nell’angolo del palco. Non avevamo capito se ci stessero prendendo di mira e che cosa stesse succedendo. Un ragazzo della crew ad un certo punto ha visto uno dei terroristi che ricaricava il fucile e ci ha gridato ‘Scappiamo’. Siamo corsi via dal palco, siamo andati nei camerini a cercara la ragazza di Jesse (Tuesday). Alla fine siamo usciti dalla porta laterale del locale in questo piccolo vialetto. Dei ragazzi ci hanno visto e cercavano di aiutarci e ci dicevano ‘Venite da questa parte’.”

Il bassista Matt jenkins si è nascosto per un po’ prima di andare nel backstage nella green room:

“Quando gli spari sono iniziati, ho buttato il basso e mi sono nascosto sotto una tenda e i monitor. La prima persona che ho visto è stato il mio tour manager ed abbiamo entrambi pensato che non ci fosse via d’uscita da lì. Dalla mia prospettiva vedevo proprio gli spari di fronte a me, vedevo le luci pulsanti e sentivo i colpi..istintivamente cercavo di evitare gli spari ed ho pensato ‘voglio veramente correre sul palco o è meglio andare in questa stanza nel backstage?’ Quindi sono andato nella stanza e c’erano un gruppo di persone che si stavano aiutando a vicenda. C’era gente ferita che sanguinava e la gente cercava di sbarrare la porta con sedie e un mini frigorifero. Qualcuno aveva lasciato una bottiglia di champagne nella stanza per un after party. Avevo solo quella da usare come arma. C’era una donna davanti a me. Ero spaventato perchè stava sanguinando e non c’era nulla che potessimo fare. C’era un ragazzo che la manteneva e cercava di far pressione sulla ferita…il suo sangue stava colando a terra. C’era una sorta di perdita, c’era acqua in tutta la stanza ed eravamo preoccupati perchè ci arrivava fino alle caviglie… Gli spari sono durati per 10, 15 minuti, poi si sono fermati e sono ricominciati di nuovo. Poi c’è stata un’esplosione che ha scosso tutta la stanza e probabilmente tutto l’edificio. Non sapevamo cosa stesse succedendo, pensavamo che potesse essere una bomba e che forse volevano far esplodere l’intero locale. Più tardi abbiamo scoperto che era un kamikaze.”

Il batterista Julian Dorio ha detto:

“Quello che mi ha veramente scioccato è che siamo una band che suona con volumi molto forti ed è difficile che un rumore possa sovrastare la potenze del nostro impianto. Gli spari iniziali sono stati così potenti che ho subito capito che c’era qualcosa che non andava. Mi sono quasi lanciato dal seggiolino. Quasi immediatamente ho avvertito odore di polvere da sparo. Mi sono girato ed ho guardato attraverso la mia batteria verso il lato di un amplificatore. Proprio in quel momento è cominciata una seconda raffica di colpi. E’ successa una delle cose più terribili che abbia mai visto, due ragazzi del pubblico che sparavano all’impazzata sulla folla. Ed è lì che ho cominciato a strisciare, ero proprio col mento a terra strisciando verso il lato destro del palco dietro la pedana della batteria mantenendo tutta quella attrezzatura davanti a me per non farmi vedere. Non appena sono arrivato dall’altro lato del palco, Boot e qualcun’altro hanno visto il momento opportuno per correre verso la porta. Li ho visti correre davanti a me ed anch’io li ho seguiti”

Jesse Hughes racconta di essere andato a cercare la sua ragazza, Tuesday Cross, nel backstage e di essere stato faccia a faccia con un terrorista. “Ho aperto la porta del corridoio ed è allora che ho visto uno dei terroristi. Si è girato verso di me, ha imbracciato l’arma e la canna del fucile ha colpito l’intelaiatura della porta e io ho pensato, ‘Oh cazzo’.”

Proprio in quel momento ha capito che la gente lo stava seguendo in cerca di un posto dove andare:
“Io dicevo, ‘No, no, no, non venite da questa parte’ ed abbiamo cominciato a scendere le scale…Quando Tuesday ha visto Julian e ho sentito la sua voce, sapevo che stava bene. Eden mi ha preso e siamo usciti fuori.”

Sono riusciti in questo modo ad uscire fuori ma si sono accorti che la gente si era raccolta nel vialetto dove si trovavano ed erano così scioccati che non sapevano cosa fare.

“Noi eravamo lì che gridavamo ‘Muovetevi, muovetevi, muovetevi’. La gente non sapeva proprio cosa fare.”


Shawn London, il fonico della band, ha descritto quello che ha visto dalla sua posizione davanti alle porte:

“I ragazzi si stavano divertendo un casino. Ridevano, ballavano, cantavano tutte le canzoni. E ad un certo punto, dal nulla, ho sentito qualcosa come fossero petardi proprio dietro di me”, ha detto London. “I terroristi sono entrati dalla porta e subito hanno cominciato a sparare. C’erano due di loro e subito la gente è cominciata a cadere a terra. Feriti, morti.”

Mentre era scoppiato il caos al Bataclan, London è rimasto dietro il suo mixer prima di incontrare lo sguardo di uno dei terroristi che gli ha sparato ma non è riuscito a colpirlo.

“Forse avrà pensato di avermi colpito. E’ rimasto lì ed ha continuato a sparare e a massacrare e gridava solo ‘Allah akbar’ con tutta la forza. Ed è proprio lì che ho capito cosa stesse succedendo.”

London ha poi ricordato come lui e altri sopravvissuti sono riusciti a scappare dal Bataclan, aspettando che i terroristi ricaricassero per due volte le armi prima di uscire dal locale. London si è avvicinato alle porte a vetri del locale per aprirle e il vetro colpito da un proiettile è andato in frantumi, riuscendo a far scappare lui e gli altri dalla orribile situazione.

Jesse Hughes introduce nell’intervista l’altro fondatore degli EAGLES OF DEATH METAL, Josh Homme, che nel momento della tragedia non si trovava a Parigi.

“Mi ci è voluto un po’ per realizzare cosa stesse succedendo perchè la notizia non ancora era uscita,” ha detto Homme riguardo ad i messaggi che riceveva da Hughes.

“Ero nel mio studio di registrazione quando mi è arrivato un messaggio che non aveva senso. Il messaggio era: ‘Bro hanno sparato a tutti…hanno sparato a tutti…hanno preso degli ostaggi…sono completamente ricoperto di sangue.'”

“Sono subito andato nel mio ufficio ed ho cercato di fare tutto quello che potevo per riportarli a casa”.

Poi Homme ha parlato dell’eroismo della gente Francese e del loro merch manager rimasto ucciso quella sera:

“Una delle cose che tutti i ragazzi della band continuavano a raccontare era che la gente è uscita fuori dalle loro case per aiutare i fan che erano lì dentro, e anche quando i feriti cercavano di aiutarsi a vicenda ed aiutare la band” ha detto un Josh Homme emozionato, che ha fondato la band ma non era a Parigi al momento della tragedia.

“Penso a Nick (Nick Alexander, il merch manager della band, vittima della strage), che ha cercato di proteggere un suo amico…”

Il frontman Jesse Hughes ha continuato in lacrime:

“E’ stato zitto e non ha chiesto aiuto fino a quando non si è dissanguato perchè voleva che nessun’altro venisse ferito.”


“Molte persone si sono nascoste nel nostro camerino e i killer sono riusciti ad entrare e li hanno uccisi tutti tranne un bambino che si è nascosto dietro la mia giacca di pelle”,
ha detto. “Le persone facevano finta di essere morte ed erano terrorizzate. Molti sono rimasti uccisi perchè non volevano lasciare i loro amici, quindi molte persone hanno fatto da scudo col proprio corpo”.

Josh Homme ha aggiunto: “E’ come se stessimo su un podio perchè noi siamo nella fottuta band che suonava in quel momento, giusto? Ma noi rappresentiamo i fan che non ce l’hanno fatta, la gente che non è sopravvissuta, le cui storie potrebbero non essere mai raccontate.”

“Stiamo lì a trascrivere nomi di persone e non sappiamo il perchè”, ammette Homme maneggiando la lunga lista delle 89 vittime. “Se solo potessi parlare con i loro genitori.”

“Non so quale sia la cosa giusta da dire, scusate. Penso che sia una situazione talmente delicata, una disgrazia.

Vorrei solo mettermi in ginocchio e dire – ‘tutto ciò di cui avete bisogno’ – perchè non saprei proprio cos’altro dire.

Non riesco a descrivere ciò che provo con le parole e va bene così, va bene che non ci siano parole per descriverlo. Forse non dovrebbero esserci.”

Jesse Hughes ha continuato: “Giuro a tutte le persone che amano il rock ‘n’ roll che ho paura e sono stato in una situazione di merda, ma sono qui che respiro, stasera parlerò con mio figlio e ho una casa grazie al rock ‘n’ roll che è stato buono con me. Sono stato veramente fortunato ad avere dei veri amici nella mia vita e penso di avere avuto tante fortune e sicuramente non andrò in giro a lamentarmi.”

“Mia madre e mia nonna mi hanno insegnato di non prestare attenzione a quello che i coglioni pensano”, ha detto Hughes.

“Se Adolf Hitler ti odia, va benissimo – vuoi che tutti sappiano che quel coglione ti odia. Non voglio passare la mia vita a cercare di placare gli idioti. Voglio passare la mia vita a ridere con i miei amici e a farli divertire. Non vedo l’ora di tornare a Parigi, non vedo l’ora di suonare. Voglio ritornare e voglio che gli EAGLES OF DEATH METAL siano la prima band a suonare al Bataclan quando riaprirà. Ero lì quando per un minuto c’è stato il silenzio. I nostri amici sono andati lì per ascoltare rock n’roll e sono morti. Voglio tornare lì e vivere.”

La band ha inoltre riconosciuto gli sforzi dei fan che hanno fatto arrivare la loro cover dei DURAN DURAN “Save A Prayer” al primo posto sia come gesto caritatevole che provocatorio. Il frontman dei DURAN DURAN, Simon le Bon, ha donato la sua fetta di diritti e royalties del pezzo alle vittime e Homme ha visto questo gesto come “un’opportunità per prendere spunto da un atto così generoso come questo”.

Il cantante ha chiesto ai musicisti di tutti i generi di suonare la cover che è presente nell’album “Zipper Down”, “I Love You All the Time”, e doneranno il ricavato alle vittime. Ha anche implorato Itunes, Spotify, Tidal ed altri di donare tutto il ricavato dalle cover di questa canzone.

“Più siamo uniti, più c’è solidarierà, più è uno sforzo di tutti e più sarà un faro di compassione e amore e un passo in avanti per far parte di qualcosa di più grande,” ha detto Homme specificando che la band parlerà con qualunque persona coinvolta nella tragedia e che abbia bisogno di supporto.

Jesse Hughes finisce l’intervista con parole rivolte ai fan Parigini: 

“Vi amo tutti moltissimo e riusciremo a superare questo momento e ad andare avanti. Voglio ringraziare tutti per tutto quello che hanno fatto per noi. Non penso che avremmo potuto gestire la situazione senza l’incredibile supporto di tutti, specialmente da parte dei nostri Francesi, i ragazzi che erano lì presenti.”

Homme ha aggiunto: “Non muovetevi. Noi verremo da voi”

TRADUZIONE DI BLOODYLOUD.IT

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