LEMMY

Venticinque minuti di ritardo – come di prassi tra i vip – sono trascorsi ieri sera, prima dell’inizio del live streaming in diretta da Hollywood e indetto per dare l’ultimo addio al leggendario bassista dei MOTÖRHEAD.

La cerimonia, condotta da Todd Singerman, manager della band, è durata da mezzanotte alle due (ora italiana) e ha visto l’alternarsi di numerosi amici e parenti del rocker tra cui il figlio Paul, la compagna Sharon, Mikkey Dee, l’assistente personale di Lemmy, l’uomo che si è occupato per vent’anni dei suoi stivali, Ozzy Osbourne, Slash, Duff McKagan, Matt Sorum, la star del wrestling Triple H, Dave Grohl, il bassista degli ALICE IN CHAINS Mike Inez, Rob Halford dei JUDAS PRIEST, Whitfield Crane degli UGLY KID JOE, Gene Simmons, Lita Ford, Dee Snider, svariati amici del Rainbow Bar e dal Sunset Strip e molti altri ospiti.

La piccola chiesa hollywoodiana era decorata con fiori, dipinti del gruppo alle sue origini e amplificatori. Vicino al microfono una scatola di Kleenex pronta all’uso, a pochi metri di distanza la bara, circondata da cimeli, stivali e basso del cantante.

Tanti “God bless you, Lemmy” detti in direzione del piccolo altare dedicato all’artista, tante vecchie storie, aneddoti divertenti alla Kilmister ma soprattutto tante barzellette lasciate a metà a cause delle lacrime.

Una cerimonia unica nel suo genere, resa pubblica grazie alla band e seguita da oltre duecento mila fan da tutto il mondo. Un alternarsi infinito e fortemente sentito di voci, esperienze, vissuti, individui tutti accumunati dall’amore per la musica e dalla fortuita amicizia con il musicista inglese, passato a miglior vita lo scorso 28 dicembre.

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Il primo a parlare è stato Paul Inder, figlio oggi quarantenne del cantante, musicista anche lui, che lo ricorda prima di tutto come uomo e nei panni di padre unico e inconfondibile.

Era davvero uno spirito libero e lo capì dalla prima volta che lo vidi, a sei anni. Ai tempi aveva problemi con la cocaina… Io non ne avevo affatto, giuro” ironizza. “Una volta andai da lui con un amico che mi aveva vomitato addosso durante il viaggio in macchina. Mio padre mi venne ad aprire con solo un kimono addosso e mi disse: ‘Devi esserti divertito stanotte, figliolo!’. Tuttavia non era sempre la “rockstar”. A casa si toglieva i vestiti di scena! Guardava i programmi con le porno star e Law & Order. Però ha dato il massimo fino all’ultimo.”

Il chitarrista ha poi raccontato di quando lo vide per l’ultima volta ad agosto, di come la sua stretta fosse tremante e quanto facesse fatica a stare in piedi. Il paragone con James Brown e la tenacia del lavoro dietro a “Bad Magic”, ultimo disco con la band, lo hanno reso un momento davvero magico.

Anche se avesse saputo avrebbe continuato il tour. Non era un uomo religioso e pregare per un miracolo sarebbe stato per lui un atto delirante ma era profondamente spirituale. Bad Magic è stato un disco difficile da realizzare nelle sue condizioni ma mio padre ha dato il massimo. Lui e James Brown hanno condiviso la stessa tenacia.

Inoltre ha condiviso con i presenti la sua passione per la storia, il suo fare check-in negli ospedali con il nome di “Justin Case” – nome del detective dell’omonimo telefilm di fine anni ’80 o forse solo una simpatica precauzione –, la sua fantasia sul proprio funerale, gli inizi di Ian Fraser come musicista, quando suo padre era contrario al suo volere di suonare rock’n’roll, e il suo profondo amore per la musica.

Suo padre non approvò mai il suo essere musicista ma Lemmy non demorse. Tutte le volte che faceva un nuovo album con i MOTÖRHEAD me lo faceva ascoltare per intero, cantandoci sopra. Mi diceva “Portami un po’ di ghiaccio per il Jack, figliolo”. E odiava quando la gente metteva musica di sottofondo alle feste o ai pranzi per poi parlarci sopra. Anche io lo odio. Lui urlava: “State zitti, stronzi!” Ci teneva. Quindi quando ascolterete un cd dei MOTÖRHEAD, ricordatelo.”

Ancora una volta però, l’immagine del padre supera di gran lunga l’ombra del musicista e il fascino di Lemmy strega gli occhi di un ragazzino che porterà l’immagine del “rocker buono” per sempre nei suoi ricordi.

Non mi dispiace di non aver speso abbastanza tempo con lui: quando ero bambino per me era un enigma. Era affascinante come nessun altro, con quei suoi capelli lunghi e tutto il resto. My one and only ultimate rock daddy… Non cambierei niente, era perfetto.”

Non ti dimenticherò mai, ti voglio bene. Viaggia bene, papà. Sei di nuovo sulla strada per il tour più lungo per il grande concerto nei cieli.”

Il secondo a salire sull’altare rock è stato Mikkey Dee, lo storico compagno di band che ha suonato la batteria per i MOTÖRHEAD dal 1992, anno di uscita di “March Or Die”.

Il musicista inizia titubante dopo le toccanti parole del figlio di Lemmy per poi proseguire veloce e coinciso, riuscendo così a nascondere la commozione.

Beh, siamo qui. Oh dio, penso Paul abbia già detto tutto! Lui parlava molto di te, quando eravamo in tour. Tre anni fa ebbe i primi problemi di salute, ne parlammo. Non era mai niente successo fino a quel momento, era sempre stato bene. Per la prima volta parlammo di cose normali. Non rimpiangeva nulla della sua vita, me lo diceva sempre. Si sentiva fortunato di fare ciò che facciamo” poi si corregge con un sorriso amaro in volto: “…facevamo. Disse una cosa del tipo “Don’t cry in my drink” riguardo alla sua morte. Riposa in pace, fratello mio. Desidero che tutto il mondo possa avere anche solo un pezzo di ciò che io so di Lemmy. Grazie a tutti di essere venuti. Prenditela comoda lassù, Lem. Immagino avrà già messo insieme una band, sapete… Phil [“Philty Animal” Taylor] è già lì. Ci vediamo presto, Lemmy.”

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Le testimonianze che seguono sono di due amici musicisti del cantante, Nina Alice e Jim Voxx (SKEW SISKIN), arrivati direttamente da Berlino. La loro band suonò con lui in Germania agli inizi della sua carriera.

“Gli chiedemmo se poteva scrivere una lettera di raccomandazione per noi a Alice Cooper e lui lo fece. Alice rise e noi ringraziammo Lem per averci fatto suonare. Lui mise in pausa il suo videogame e disse “Basta ringraziarmi, vi ho presi perché piacete al mio pubblico!” Cosa potevo rispondere? Tradussi dal tedesco all’inglese, dal tedesco all’inglese, dal tedesco all’inglese e poi dissi…”Grazie Lemmy”” racconta Jim.

La prima volta che lo vidi aveva una cintura di proiettili, giacca di pelle e… infradito. Non ho mai visto nessuno vestito più alla moda di così!” aggiunge Nina. “Quando lo incontrai per la prima volta stava parlando con due ragazze bionde, altissime e bellissime, e Lemmy mi salutò. Io lo salutai e mi liquidai. Poi venne a trovarmi nel mio studio di Los Angeles e mi disse: “Vivi qui e morirai qui, eh?”. Fu l’inizio di un amicizia a base di sigarette e jack lunga 23 anni.”

A seguire, Roberto “Bob” Piazza dei LITTLE BOB.

Conobbi Lemmy per 42 anni. Vincemmo un Emmy per aver coverizzato Whiplash dei METALLICA. Ma era prima di tutto era un amico, un esempio di integrità. Era il musicista dei musicisti. Non gli importava dei soldi, era un fan quanto un artista. Ti diceva sempre ciò che pensava, niente cazzate. Era modesto. Parlava con i fan, non fu mai egoista. Aveva senso dell’umorismo, si prendeva in giro. Era un leader, un visionario. Faceva le cose a modo suo, ma se riuscivi a convincerlo di ciò che pensavi ti avrebbe seguito. Il genere umano sarà diverso senza di te, Lem.”

Slim Jim Phantom (STRAY CATS), insieme a Lemmy nella band rockabilly HEADCAT all’inizio del 2000, ha ricordato invece Lemmy molto schiettamente, strappando un sorriso a tutti i presenti.

È successo a nessun altro che Lemmy fumasse nella vostra auto?” così ha rotto il ghiaccio il batterista. “Di solito chiedeva prima, era un gentleman! Non era mai rude, non l’ho mai visto in atteggiamenti ‘inappropriati’ con un fan o con una donna. La prima notte che ci conoscemmo ascoltammo rock e giocammo a scacchi. Era un grande.”

Successivamente è stato il turno di una storica amica di Kilmister che gli è stata vicino in momenti difficili per la sua salute e racconta: “Mi chiamava il suo ‘pastore tedesco’ perché ero pronta a mordere, se ce ne fosse stato bisogno! Agli infermieri diceva: ‘Lei è la perfetta infermiera e non metterebbe mai queste brutte scarpe, indosserebbe sempre e solo Prada!’ E da allora lo feci. Lui per me era solo il mio Lem. Quando mi conobbe mi disse ‘Ah, sei tedesca! Pensavo avessi qualcosa di strano!’ Auf Wiedersehen, Lemmy!

Dopo di lei è stato l’assistente di Lemmy per gli ultimi tre anni della sua vita, i più difficili a causa dei problemi di salute, a prendere la parola.

Un giorno mi disse ‘Dovremmo essere amici’ e infatti lo diventammo in poco tempo. Mi raccontava un sacco di barzellette. La sua preferita, ultimamente, era quella di un tizio che chiedeva sempre a Dio… scusate… scusate, non riesco a continuare” annuncia prima di scoppiare in lacrime. Viene sostituito da un altro ragazzone, un collaboratore della crew.

Il resto della freddura è…” inizia tra le risate generali per poi interrompersi. “Il Jack e coca verrà d’ora in poi chiamato Lemmy. E grazie ad una petizione è nato il metallo Lemmium. Era un gran fottuto bravo ragazzo. Ti voglio bene, fratello.”

Finalmente l’assistente si riprende e decide di finire la sua testimonianza.

Un tizio un giorno parlò con Dio e Dio gli disse “punta tutti i tuoi soldi sul cavallo Pink Eight” e lui andò. Poi, con i soldi della vincita, andò a farsi un’operazione facciale per assomigliare a Brad Pitt però poco tempo dopo fu tirato sotto da un bus e quando arrivò da Dio, lui gli disse “scusa, non ti avevo riconosciuto!” Scommetto che invece Lemmy sarà stato riconosciuto, altroché!

Tra il buonumore collettivo anche Scotty, grande amico con cui era solito frequentare il Rainbow, non riesce a non far sorridere amici e parenti con la semplicità delle sue vicende con il cantante.

Beh, merda, dovrei iniziare dagli inizi! Incontrai Lemmy perché ero amico di Alice [Cooper]. Suonava sul Sunset Strip. C eravamo solo io e Lemmy al bar. Gli dissi “Sei Lemmy dei Motörhead?” “Sì.” “Grazie per la musica”. Lui mi offrì un drink e delle sigarette. La notte dopo il mio serpente cagò su Alice Cooper e pensavo che mi avrebbe licenziato. Raccontai la storia a Lem e lui scoppiò a ridere così forte! Andavo sempre al Rainbow in moto. Una volta avevo due gabbie con dei serpenti dietro… e Lemmy. Con un elmetto della polizia in testa. Quando vidi la sua collezione di elmetti mi sentii finalmente a casa.”

Poi aggiunge il suo ricordo del Wacken Festival dell’anno scorso, quando Lemmy lo portò nel backstage con sé a conoscere diverse rockstars, il sogno di un vero e proprio fan che si avvera.

Doro Pesch… Oh, Doro… riuscii ad incontrarla grazie a Lemmy! Mi portò al Wacken 2014 ad incontrarla, mi portò ad incontrare i METALLICA e disse: “Dovreste vedere l’elmetto di questo ragazzo!””

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“Di solito ce ne stavamo seduti sullo stesso divano per ore a parlare di come elasticizzare i tessuti! Si fa così… Oh, no, non così! Per ore e ore e ore. Stavamo al Rainbow per ore, finché non chiudeva, e allora stavamo appena fuori e chiacchieravamo con le spogliarelliste. Mi ricordo che amava cose come “Young Frankestein” (Frankestein Junior n.d.r). Lo faceva ridere così tanto, quel film!

Ai suoi ricordi si uniscono le voci di Sharon, ragazza di Lemmy, e del proprietario del Rainbow Bar & Grill, che nelle scorse settimane aveva già organizzato una commemorazione per l’artista.

Voglio solo dire che Lemmy mi amava… ma amava i suoi fan molto di più” racconta Sharon, visibilmente commossa. “Gli dicevo “Baby, salta questo tour, resta con me” e lui mi diceva “Non posso” per i suoi fan. Ho perso l’amore della mia vita ma il mondo… loro hanno perso un grande uomo.”

Sono seguiti il promoter di Lemmy dalla Germania (“Berlino era come una seconda casa per lui”) e il calzolaio che per vent’anni ha fabbricato i suoi amati e iconici stivali, accompagnati da un ex giovane aspirante giornalista, colpito dalla gentilezza di Kilmister al pari di tutti quelli che lo hanno conosciuto.

“Ha lasciato che lo intervistassi per il giornaletto della scuola per 3 ore nel suo studio. Aveva le gambe più lunghe che avessi mai visto! Era così incoraggiante.”

Dopodiché l’uomo ha letto una serie di brevi poemi ricordando quanto Lemmy amasse le parole e quanto “era bravo con loro”.

Da quel momento in poi, il microfono è stato aperto a chiunque volesse condividere il suo ricordo del leggendario bassista e sono fioccate le rockstars.

Primo fra tutti Matt Sorum (ex GUNS N’ROSES, THE CULT, VELVET REVOLVER), batterista che sostituì Mikkey Dee in tour durante la sua partecipazione ad un reality show.

Sono davvero onorato di poter essere qui a parlare oggi. Ero con Randy Castillo (batterista di OZZY OSBOURNE, LITA FORD, MÖTLEY CRÜE) quando lo incontrai per la prima volta. “Ciao, come stai?” gli dissi. “Facciamoci uno shot” mi rispose subito. Quando ruppi con i VELVET mi chiese di suonare in tour con i MOTÖRHEAD, una delle mie band preferite di sempre. Era grandioso! Onestamente mi disse: “Perché Dave Grohl non è disponibile”! I viaggi in tourbus erano il massimo. Era bello guardare film insieme e la musica degli Abba usciva sempre dagli altoparlanti. Molte persone dicono “Lemmy è Dio”…io ci credo. Lo è” afferma orgoglioso, da vero fan del musicista.

Diceva: “L’integrità è tutto per me. Non morirò senza rimpianti” e a chi lo criticava rispondeva: “Fanculo”. Non aveva paura di morire e visse la sua vita esattamente come aveva voluto. “Se morissi domani, non mi lamenterei perché ho avuto tutto” diceva. Addio per ora, Lemmy.”

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Slash è stato addirittura annunciato con un piccolo elogio da parte del manager dei MOTÖRHEAD, prima di salire sull’altare. “Quando Lemmy ebbe il defibrillatore impiantato nel petto, Slash era lì. Se non fosse stato per lui…” lo ha ringraziato Singerman, abbracciandolo.

Una volta da solo davanti al microfono, la timidezza e poi la spontaneità hanno guidato il discorso dell’ex chitarrista dei GUNS N’ROSES.

Ehm… sì. Non sono sicuro di cosa dovrei dire… Lemmy era… ehm… Sono così onorato di essere stato amico di Lemmy. Era mio amico, amico dei GUNS N’ ROSES. Andai allo studio dei Motörhead una volta [nel 1987, n.d.r] ed ero fottutamente intimidito. Aveva questa immagine così da duro. Invece fui accolto con grande gentilezza. Era un fottuto grande esempio di… ciò che… Era davvero old school, aveva più integrità in un solo dito di quanta ne potesse avere una stanza piena di rock’n’rollers! Aveva un grande senso dello humor e io gli volevo un gran bene. Ricordo quando mi ripulii dopo lungo tempo e vidi per la prima volta una fiaschetta di Jack nella mia tasca… Lemmy era così contrariato dal fatto che avessi smesso di bere!” dice con una risata. “Sia benedetto Lemmy!

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Phil voleva che avessimo una macchina per i fuochi d artificio… e non ce l’abbiamo” commenta un altro amico musicista di Kilmister. “La prima volta che fui nella stessa stanza con Lemmy mi dissero: “Se non hai niente di interessante da dire, non dirlo”. Così stetti in silenzio!” Anche lui scoppia in lacrime prima di continuare. “Siamo orgogliosi però di avere gli amplificatori qui. Abbiamo il palco pronto per te, vedi?

Così dicendo tira fuori dalla tasca un badge per il tour dei MOTÖRHEAD e se lo infila orgogliosamente al collo. “Non mi dimenticherò mai di quanto mi sentii orgoglioso ad indossare per la prima volta questo per il concerto con i Motörhead e come mi sento ora, ad indossarlo per l’ultima volta.”

Era a quel punto l’una e venti di notte (ora italiana) ma in oltre 226mila fan erano ancora connessi e condividevano senza sosta messaggi per ricordare Lemmy, così come i suoi amici e colleghi stavano facendo oltre oceano.

Un altro ospite tira fuori il telefono e legge un messaggio postumo a sorpresa da parte di Phil Campbell. ““Ci vediamo, amico. È stato un onore suonare con te”. “Lemmy era un uomo di poche parole” mi disse un amico, un giorno” aggiunge. “È chiaro che non lo conoscevi, gli risposi! Era una delle persone più intelligenti che io abbia mai conosciuto”.

Tra un musicista e l’ altro, il manager condivide inoltre un ricordo del tour con Ozzy Osbourne – la cui assenza al microfono si è fatta sentire – e Randy Castillo: “Ozzy, Randy e Lemmy si fermarono ad un negozio di liquori durante un tour. Mi ricordo che Lemmy aveva due casse di Jack, Ozzy e Randy sei bottiglie di birra! Quando lo videro ci rimasero di stucco.

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Dopo un breve inciso del cantante dei JUDAS PRIEST, Rob Halford (“Quando ero in presenza del Dio Lemmy ero sempre confuso!”) è stato il turno di Scott Ian, chitarrista degli ANTHRAX.

Ricevetti una chiamata dai Motörhead mentre stavano realizzando ‘Everything Louder Than Everything Else’. Che avrei potuto dire? I Motörhead spaccano? Compravo i dischi in base alle copertine pensando “Questo sarà figo”. Ero a casa di mia madre quando misi le cuffie e sentii Ace Of Spades per la prima volta. Mi domandai, guardando la copertina: “Chi sono questi tre messicani che suonano così veloce?” Lo scrissi alla band e Lemmy lo apprezzò.” Poi scuote la testa. ““Messicani… sapevo che quel ragazzo degli Anthrax era uno stronzo!” È grazie a Lemmy se abbiamo anche solo pensato di potercela fare.”

A sorpresa Triple H, stella del wrestling nonché amico del cantante scomparso, prende la parola facendo un’ottima riflessione.

Questo era quello che Lemmy avrebbe voluto… non avrebbe voluto vedere tutti piangere.” Continua: “La musica crea l’emozione e quando finalmente potei creare la mia… la volevo come quella dei Motörhead, tosta. Mi dissero: “Che musica vuoi?” e io dissi “Qualcosa di simile ai Motörhead“. Ai tempi non sapevo di poter scegliere direttamente la loro musica come entrata! Entrai con Lemmy affianco che cantava di me… è stata la cosa più grande di tutti i tempi. Io ero il cattivo ragazzo del wrestling. Mi ricordo che una volta venni stesso per l’ennesima volta, lui era venuto a vedermi e mi disse: “Ragazzo, fai davvero schifo! Esattamente nello stile dei Motörhead. Però non prenderne troppe”.

I penultimi a ricordare Ian Fraser sono stati Lars Ulrich e Robert Trujillo dei METALLICA.

Lemmy adorò quando i METALLICA suonarono per il suo compleanno vestiti da Lemmy. Fu uno degli show che amò di più” commenta Singerman, prima di cedere il microfono a Robert.

Negli scorsi anni mi sentii molto attaccato a Lemmy. Ci fu un momento, pochi anni fa, in cui ebbi bisogno della sua voce per il “Tallica Parking Lot” [cortometraggio di Trujillo dedicato ai METALLICA, n.d.r] così mi chiese di andarlo a prenderlo in macchina. Andai e gli portai un regalo: una auto d’epoca. La portai a far aggiustare dal meccanico settimane prima e poi gliela portai. Lemmy la adorò. Poi mise le chiavi nell’accensione e… non partiva. Ci provò e riprovò ma niente, io ero disperato. Andammo a piedi e lui mi illustrò tutte le vie che attraversammo. “Charlie Chaplin viveva qui, quell’altro invece viveva qui”. Quando lo rividi al suo compleanno mi abbracciò e fu triste. Capimmo entrambi che sarebbe stata l’ultima volta in cui ci saremmo visti.”

Lars parte invece dagli inizi della sua carriera e racconta il leggendario incontro avuto con Lemmy all’inizio degli anni ’80.

Una notte del giungo 1982 mi vomitai addosso.   Quella notte non fu significativa per il vomito, quanto per le circostanze nelle quali vomitai. Ero nello stesso hotel di Lemmy e avevo perso le chiavi della mia stanza” dice il rocker. “Lemmy aveva un attitudine completamente diversa dalle altre rockstar, una foto e via. Mi è sempre sembrato che a questo tizio importasse davvero qualcosa di me. Ai tempi di “No sleep ‘Til Hammersmith” riuscii ad accaparrarmi un biglietto per l’ultimo show sold-out in California. Erano la più grande band in circolazione ai tempi.

Il batterista era inoltre presente durante la scrittura di “Iron Fist”: “Avevo diciottanni ed ero in una stanza con 4 rockstars”.

Per concludere ringrazia il bassista per i vecchi tempi, con un piccolo aneddoto che fa sorridere i presenti. “Grazie Lemmy per il tempo, per i drink, per le storie, per non esserti sopraelevato. Grazie per aver fatto una foto a me coperto di vomito nella tua stanza d albergo e averla messa su “Orgasmatron”. Quella fu l’approvazione perfetta!

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“Ciao ragazzi” debutta infine Dave Grohl, amico stretto del bassista nonché ultimo ospite a prendere la parola. Un applauso fragoroso esplode nella sala.

Non c’è abbastanza tempo per raccontarvi chi Lemmy fu per me e tutte le fantastiche esperienze che ebbi con lui. La prima volta che incontrai Lemmy ero con una ragazza fottutamente pazza, quasi 20 anni fa. Stavo camminando verso il bagno degli uomini e guardando alla mia sinistra vidi Lemmy nell’angolo, intento a giocare a un videogame. Quella visione mi mandò fuori di testa. Sapevo di non poter semplicemente andare lì a dirgli qualcosa perché se ne stava per i fatti suoi, ma quando uscii dal bagno capii che dovevo dirgli qualcosa. Lui era il mio eroe, così andai da lui e gli dissi: “Scusa Lemmy, non voglio infastidirti ma mi hai influenzato così tanto, sei il mio eroe musicale. Sono un musicista, suono nei FOO FIGHTERS ed ero nei NIRVANA” e lui alzò la testa dal videogame e la prima cosa che mi disse nella sua vita fu: “Mi dispiace per il tuo amico Kurt”. In quel momento stavo bevendo whisky con una rockstar che aveva anche un gran cuore… pensai “Non può succedere di nuovo, questo è abbastanza per il resto della mia vita.” Ma poi diventammo amici.”

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Dave ha raccontato anche di quando Lemmy lo andò a trovare nel suo appartamento, totalmente sottosopra, e di quanto fu fantastico frequentare con lui il Rainbow, dove Lemmy si faceva mandare addirittura la posta.

Una volta ero in hotel e dalla sala prove sentii qualcuno suonare i MOTÖRHEAD. “Finalmente, qualcun altro che ascolta i Motörhead!” Mi dissi. Sbirciai dalla porta e vidi Lemmy, da solo, che ascoltava i MOTÖRHEAD e fumava! Ma poi gli dissi: “Ciao amico, mia madre è qui” e lo portai a farlo conoscere a mia madre. Lemmy era nella stanza che fumava e beveva e io dissi a mia madre: “Mamma, guarda, questo è Lemmy dei Motörhead!” E allora Lemmy fece qualcosa che per gli altri sarà stato un niente ma per me significò molto perché Lemmy spense la sua sigaretta nel bicchiere e lo appoggiò su un tavolo della mia stanza.

Ai tempi Dave aveva appena avuto la sua prima figlia, presente nella stanza al momento dell’incontro.

Credo che sia chiaro a tutti che Lemmy non era semplicemente una rockstar che beveva e rockeggiava, era così gentile e di buon cuore con tutti.”

Poi ricorda un episodio in cui, in aeroporto, incontrò Little Richard, l’eroe di Lemmy, che gli autografò una foto. Rivedendola Dave si commuove e stento riesce a continuare il suo discorso.

Poi lo streaming si interrompe, il suono è udibile solo da un canale e i fan intasano la chat anche peggio di prima, ma tutto ciò non è abbastanza per nascondere le lacrime di Dave mentre tira fuori dalla giacca la foto autografata di Little Richard, l’idolo di Lemmy, con scritto sul retro il testo di Precious Lord Take My Hand, e inforca gli occhiali da lettura.

Dio, tienimi la mano” legge con voce tremante il batterista. “Guidami attraverso la tempesta verso la luce”. Poi alza un bicchierino di plastica. “A Lemmy”.

Prima di andarsene, lascia la foto fra stivali e capello del cantante. Gli ultimi passi per scendere dall’altare sono proprio i suoi prima che qualcuno faccia risuonare una corda del basso dell’ex leader dei MOTÖRHEAD.

Lemmy ha lasciato il palazzo” annuncia una voce al microfono, mentre il basso continua a ruggire e l’immagine sfuma verso il nero.

A Lemmy.

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Giulia Rettaroli nasce nel 1996, milanese doc, e si diploma perito turistico appassionandosi sin da subito a lingue e culture straniere. Allo studio si affiancano naturalmente la passione per il cinema (sci-fi e classici del genere horror in primis) e per la musica. Dischi, biografie, documentari, vecchi numeri di Melody Maker e Rolling Stone trovano posto tra chitarra e amplificatore e si moltiplicano negli anni alla scoperta del sound di artisti come Led Zeppelin, Black Sabbath, Beatles oltre che di Pink Floyd, Motörhead, Nirvana e via dicendo. Personalità come Frank Zappa e Lester Bangs incidono inoltre fortemente nel suo senso critico. Oggigiorno si diletta nello studio del danese, nel collezionismo di dischi che hanno fatto la storia della musica e, naturalmente, nella scrittura di recensioni et simili.

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