MUSE

L’attesa interminabile dei mesi successivi all’acquisto dei biglietti è ormai giunta la termine.

Eccomi al Forum d’Assago per la terza data di quella che è stata ormai definita la MUSE Week. Un di quei rari eventi all’interno di un tour già di risonanza mondiale, The Drones World Tour per l’appunto,  probabilmente mai verificatosi prima. Trattasi di ben sei date consecutive per soddisfare l’alta utenza e precisamente 14, 15, 17, 18, 20 e 21 maggio corrente.

A me sembra davvero ieri invece, ma in realtà è trascorso quasi un anno dalla pubblicazione di “Drones”, il settimo album in studio della band britannica. I commenti a caldo non erano stati esaltanti: i MUSE sono finiti, non hanno più nulla da dire, hanno fatto il loro tempo, mancano di originalità, ripetono se stessi, questo album non è all’altezza dei precedenti … ecc. ecc.

Personalmente ritengo che un album vada ascoltato molte volte prima di trarre conclusioni affrettate, e pur ammettendo che questo “Drones” non sia pari ai capolavori quali “Absolution” o “The Resistance”, ha comunque i suoi momenti estatici in “Mercy” o “The Handler” e risulta infine un lavoro altamente professionale e ben articolato.

I MUSE sono ormai ad un livello altissimo, per professionalità e tecnologia esattamente come questo tour sta dimostrando.

Il pubblico è in delirio già dal primo momento dopo un minuto di silenzio incuriosito dall’apparizione in scena di questi droni (in questo caso delle sfere luminose telecomandate e sospese nell’aria), ma è soltanto l’inizio della favolosa avventura.

I MUSE ci trasportano in un viaggio fantascientifico travolgente e strabiliante fatto di mille effetti di luci, di video, di palloni riempiti da coriandoli, di astronavi e città avveniristiche.

Il tutto è sottolineato dal bellissimo palco circolare situato al centro del parterre, ispirato dal Tour 360° degli U2, che continua a girare durante tutto il concerto permettendo al pubblico di visualizzare tutti i membri della band.

E vai con  “Psyco”, “Dead Inside”, “Reapers”, “Mercy”, “The Handler”, “Defector”. Non mancano i brani storici come “Bliss”, che non veniva proposta da tempo, seguita da  “Supermassive Black Holes”“Maps Of The Problematique”, “Starlight”, “Time Is Running Out”, “Uprising”, ”Blackout” per finire con la sempre fantastica “Knights Of Cydonia” accompagnata da una inevitabile pioggia di coriandoli.

Metthew Bellamy, Chris Wolstenholme e Dominic Howard suonano praticamente senza sosta per due ore consecutive, ma nonostante il calore dei fan e i numerosi diligentissimi cori, sono sfortunatamente imprigionati nella loro impareggiabile ed impeccabile abilità di grandi musicisti e dall’alta tecnologia del concerto, che ormai sembra più un’opera pop teatrale.

Soltanto verso la fine Bellamy si abbandona ad un “Grazie cari”.

Non ci sono bis a sorpresa, tutto è rigidamente calcolato.

Il pubblico esce, estasiato, soddisfatto, desideroso di vedere ancora.

Chissà forse un’altra data, in un altro tour, in un altro tempo … magari … su un altro pianeta?

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Marcella D’Amore è artista/pittrice Italiana. Nasce a Roma nel 1965 e si diploma al II Liceo Artistico Statale di Roma nel 1983. Dopo il liceo comincia subito a dipingere, indirizzandosi verso uno stile figurativo paesaggistico. Tra il 1984 ed il 1987 si trasferisce a vivere a Londra ed una volta rientrata a Roma, frequenta le gallerie e i centri culturali della capitale. Dagli anni 90 ai 2000, partecipa a diverse collettive e mostre personali. Durante questo periodo un’altra delle sue passioni, quella per il cinema, cresce con sua grande soddisfazione. Diventa dunque attrice e figurante in film come : ” La Passione di Cristo” di Mel Gibson, “Ocean’s Twelve” di Steven Soderbergh , “Mission Impossible 3” di JJ Abrams , nella serie tv “Roma ” e in un gran numero di fiction e film italiani. Nel 2007 si trasferisce nelle vicinanze di Termoli, Molise. La sua pittura che fino ad allora aveva rappresentato soggetti di giardini inglesi, campagne in fiore, marine con barche a secco, trabocchi; ha una svolta con un cambiamento di stile radicale nel 2011, quando nella sua ambizione di sperimentare nuove tecniche, si orienta verso l’arte astratta sfociando nel simbolismo e nell’informale e soprattutto nella pop art, che sta tuttora sviluppando in un progetto dedicato principalmente al mondo della musica.

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