ALL THINGS MUST PASS (Tutto è destinato a finire)
Ricordiamo oggi il quarantacinquesimo anniversario della pubblicazione di “All Things Must Pass”, l’album doppio dell’ex Beatle, George Harrison.
E’ il suo terzo album da solista ed il primo dopo lo scioglimento dei BEATLES. Il 23 novembre 1970, fu anticipato negli USA dal singolo “My Sweet Lord” ed in seguito si aggiudicò ben sei dischi di platino.
L’album contiene sia materiale composto esplicitamente per esso, sia materiale scartato o mai utilizzato durante i suoi anni con i BEATLES. E’ ormai risaputo che Harrison abbia infatti composto diverse canzoni o scheletri di canzoni mai poi inserite negli album dei fab four, perchè ritenute non idonee o semplicemente perché Lennon e McCartney collaboravano più insieme ed erano, per questo motivo e per produzione, i compositori più importanti. “Wha-Wha” è appunto il brano di questo album dove Harrison riversa tutte le sue frustrazioni degli ultimi anni con il gruppo.
Interessanti anche: “I’d Have You Any Time” (con Bob Dylan), “Isn’t it A Pity” (Parte I e II), “Beware Of Darkness”. Tra i musicisti dell’album spiccano tra tutti Eric Clapton, Ringo Starr, Klaus Woormann, Billy Preston, Peter Frampton e persino Phil Collins.
George Harrison era nato a Liverpool il 25 febbraio 1943, ultimo di quattro figli di una modesta famiglia operaia. E’ ricordato soprattutto per essere stato la prima chitarra dei BEATLES, ma era anche, oltre a che compositore, arrangiatore, attore, produttore discografico e cinematografico. Lo hanno spesso soprannominato “the quiet one”, (il tipo tranquillo), il chitarrista, di poche parole, che si poneva al centro tra Paul McCartney, al basso e John Lennon, alla chitarra ritmica.
Pluristrumentista raffinato, Harrison senz’altro uno dei pionieri della sperimentazione musicale nella musica rock/pop di tutti tempi, se si pensa che alla metà degli anni 60 Harrison si avvicinò alla cultura e alla musica indiana, cosa che perseguirà per tutto il resto della sua vita. Fortunato è difatti il suo incontro con il famoso maestro indiano Ravi Shankar intorno al 1965. Da quel momento in poi Harrison cominciò a studiare con passione il sitar, perfezionandolo sempre di più negli anni a venire. Di lì a breve avrebbe portato anche gli altri componenti dei BEATLES ad interessarsi di musica e cultura orientali ed avrebbe introdotto il sitar ed altri strumenti in brani come “Norwegian Wood”, “Love You To”, “Within or Without You”, “The Inner Light”.
George Harrison è morto di cancro all’età di 58 anni, guardando l’oceano, dalla villa di Ringo Starr, a Beverly Hills, Los Angeles. Era il 29 novembre 2001. Le sue ceneri sono state sparse nel fiume Gange, in India, durante una cerimonia privata. Tutto il suo pensiero e la sua visione della musica, la sua carriera anche di ex Beatle e la sua spiritualità si racchiudono in queste semplici frasi:
“Non era proprio importante, nell’insieme, se avessimo o no fatto dischi o cantato una canzone. Quello non era importante. Quando muori avrai bisogno di una guida spirituale e di una conoscenza interiore che vada oltre i confini del mondo fisico. Con queste premesse direi che non ha molta importanza se sei il re di un paese, il sultano del Brunei o uno dei favolosi Beatles. E’ quello che hai dentro la cosa che conta. Alcune delle migliori canzoni che conosco sono quelle che non ho ancora scritto, e non ha neppure importanza se non le scriverò mai perché sono un niente se paragonate al grande quadro dell’universo.”