“Bohemian Rhapsody” il celebrato film diretto da Bryan Singer, potrà incantare e commuovere le nuove generazioni, ma decisamente non lo consiglierei ad un accanito, affezionato fan dei QUEEN.
E’ un film bello ma senz’anima, forzatamente epico e persino noioso in alcune scene. Un film di puro intrattenimento, nulla di più.
E’ vero, quando si tocca un mito così grande e così radicato nella cultura popolare, qualsiasi interpretazione risulta inadeguata, quasi inaccettabile.
Ma credo questo sia uno dei peggiori film biografici della storia recente, perchè le inesattezze sono tante e tali da deludere una buona parte di chiunque abbia un minimo di conoscenza in materia.
Nulla da eccepire riguardo al cast e naturalmente su tutti a Rami Malek nella sua a dir poco magistrale interpretazione di Freddie Mercury, a volte però talmente esagerata, da sfiorare il grottesco.
Quanto agli attori che intepretano gli altri membri della band, Gwilym Lee (Brian May), Ben Hardy (Roger Taylor), Joe Mazzello (John Deacon), potremmo dire che sono quasi perfetti nell’aspetto e nelle movenze ma ahimè sembrano quasi una caricatura.
Spettacolare dunque dal punto di vista estetico ma quasi eccentrico e poco credibile, di conseguenza anche carente dal punto di vista umano.
Freddie Mercury viene dipinto come persona perfettamente consapevole della sua statura, ambiziosa ed egocentrica, traspare davvero molto poco della sua generosità d’animo da molti conosciuta.
Notevole è la ricostruzione storica attraverso il costume, attenzione, ma non attraverso la vera storia del gruppo.
Ciò che ne consegue ci fa riflettere : perchè mai Brian May e Roger Taylor, non solo loro stessi produttori esecutivi, ma anche consulenti, abbiano deciso di far riscrivere completamente o quasi la loro storia?
Ecco dunque che ad uno ad uno i personaggi si susseguono nel film, ed ognuno di loro con una storia non corrispondente al reale, incompresibile visto che appunto parliamo di persone realmente esistite e non personaggi di un romanzo. Per non parlare delfatto che quel certo Ray Foster, produttore discografico della EMI Records non sia mai esistito. Forse si voleva rappresentare in un solo personaggio tutti coloro che all’epoca degli esordi della band, diffidavano del loro potenziale e di un loro futuro a lungo termine. Del resto la stessa EMI è e resta per sempre, la loro casa discografica per eccellenza, alla quale rimarranno legati ben oltre la morte di Mercury.
“Bohemian Rhapsody” si riduce dunque ad una grande e ben architettata parodia e ne consegue una enorme operazione commerciale.
Da salvare forse l’ottima rappresentazione dell’eterno dilemma della mega star che nonostante la fama ed il denaro, deve fare i conti con la vita di tutti i giorni e spesso si ritrova sola, nonchè l’omosessualità di Mercury, affrontata con molta delicatezza ma anche qui, il tutto viene però danneggiato dalle continue inesattezze storiche, che non rendono giustizia alla persona ancor prima che al personaggio.
La parte finale di Bohemian Rhapsody punta esclusivamente sulla memorabile performance del Live Aid (luglio 1985) che naturalmente fa stringere il cuore ripensando ancora a quegli indimenticabili 20 minuti, del vero concerto. Il tempo si ferma in quella scena, non può andare oltre. Considerando anche la ristrettezza nei tempi, forse troppo tedioso e straziante ancora andare avanti e raccontare quello che è avvenuto dopo ed il tragico epilogo.
Lo spettatore rimane disorientato da quello che resta : uno statico commosso ricordo, di un tempo che fu.