E’ meraviglioso : eccomi qui di nuovo dopo molti anni a commentare un nuovo album di David Bowie.
L’8 gennaio 2016 è uscito “Blackstar”, album attesissimo e già celebratissimo del nostro Duca Bianco, come ancora ci piace chiamarlo.
“Blackstar” è un lavoro raffinato in tutto e per tutto: dagli arrangiamenti, ai testi ricercati nonché alla produzione ed il mixaggio.
Ricordiamo in breve i musicisti qui utilizzati: Tim Lefebvre al basso, Mark Giuliana alla batteria e percussioni, Donny McCaslin al sassofono e flauto, Ben Monder alla chitarra elettrica, Jason Lindner al piano organo e tastiera, James Murphy alle percussioni e Tony Visconti che si occupa dell’orchestra di archi e che naturalmente è anche il co-produttore, ingegnere del suono e responsabile del mixaggio. Come assistente ingegnere del suono abbiamo un promettente giovane talento, una giovane donna, Erin Tonkon, che è anche corista occasionale nel brano “Tis a Pity She Was A Whore”.
David Bowie ha cominciato a scrivere e a preparare delle demo per questo album già appena concluse le session di “The Next Day”, uscito nel marzo del 2013.
Due dei brani già pubblicati lo scorso anno “Sue (Or In A Season Of Crime” e “Tis a Pity She Was A Whore” sono stati registrati nuovamente e modificati. Nel secondo inoltre Donny McCaslin sostituisce Bowie al sassofono.
L’album si apre con la bellissima “Blackstar” della durata di quasi 10 minuti, di cui abbiamo già apprezzato la pubblicazione accompagnata dal fantastico video diretto da Johan Renck lo scorso 19 novembre.
Segue la nuova versione di “Tis a Pity She Was A Whore” ispirata da una tragedia di John Ford, stupenda nel suo arrangiamento rock-jazz. La voce di Bowie ci riporta ai vecchi tempi echeggiando vagamente il suo già validissimo tentativo di fare incontrare i due generi (il jazz ed il rock) nel suo album del 1993 “Black Tie White Noise”.
“Lazarus” già pubblicata in download digitale il 17 dicembre scorso, inclusa nell’omonimo musical ancora in programmazione presso The New York Theather Workshop, Off-Broadway New York, rimane notevole nell’arrangiamento e nell’autobiografico testo.
“Sue (Or In A Season Of Crime)” racchiude in se tutto lo spirito dell’album. E’ elegante nel suo ritmo, della batteria in particolare, quasi da film giallo ed è decisamente migliorata in questa nuova versione rispetto al demo pubblicato nel 2015. La voce di Bowie è più decisa e curata così come tutti gli strumenti.
“Girl Loves Me” è il brano più controverso. Impossibile definirlo: è jazz? E’ rock? No è addirittura rock elettronico (!), collocabile nell’epoca dei primi anni 80. Sembra quasi che qui poi Bowie si sia divertito a giocare con la sua voce sovrapponendola più volte in un misterioso effetto.
“Dollar Days” è magnifica nella sua apertura di tastiera e sassofono. Man mano che il brano prosegue si aggiungono ad uno ad uno gli altri strumenti e gli archi sfociando nel bellissimo assolo di sassofono. Grande l’interpretazione vocale di Bowie. Un brano che farà storia e che non potremmo non immaginare nella colonna sonora di qualche film.
L’album si chiude con “I Can’t Give Everything Away”. Un brano che rassicura: mentre ci fa pensare al vecchio Bowie nello stesso tempo ci da la speranza che non è ancora finita, la storia continua e lui ha ancora molto da raccontare.
Stavamo ancora assaporando l’ascolto di “The Next Day” inevitabilmente colpiti dal sua pubblicazione inaspettata dopo 10 anni di silenzio, ma oggi “Blackstar” è una piacevole sorpresa, dal momento che molti anche se nella paziente attesa, vi si saranno accostati con un certo scetticismo.
Bowie ha suggellato completamente il suo ritorno. Il Duca è tornato e spero che rimanga con noi ancora per lungo tempo. Resto in attesa fiduciosa in un prossimo nuovo album rock.