Rimettere le mani sulla musica di Bowie e rimettercele bene è impresa alquanto ardua.
“Never Let Me Down – 2018” non è un album di cover ma un progetto ben più ambizioso.
Ma torniamo un momento indietro nel tempo.
Da sempre è risaputo che David Bowie non abbia mai amato il suo diciasettesimo album da studio “Never Let Me Down”, pubblicato nell’aprile del 1987.
Nel 1995 Bowie lasciò persino una dichiarazione in merito in un’ intervista:
“E’ un disco orribile. Non mi sarei neppure dovuto scomodare a recarmi allo studio per registrarlo. Infatti quando lo ascolto a volte, mi chiedo se lo abbia mai fatto”.
Nulla di più lapidario se si pensasse che nonostante tutto, l’album contiene brani di spicco e che hanno fatto epoca quali “Time Will Crawl”, “Never Let Me Down”, “Day In, Day Out” … e che rilanciò comunque Bowie a livello mondiale visto che ne seguì un fortunato lungo tour, “Glass Spider Tour” per l’appunto, che toccò anche l’Italia con ben tre date e Bowie, non era mai stato in tour nel nostro paese prima di allora.
2018 – Il produttore Mario McNulty amico e collaboratore di Bowie soprattutto negli ultimi anni di vita dell’artista, desiderava, a suo dire, da tempo esaudire l’ultimo desiderio di Bowie: creare una nuova versione dell’album riveduta e corretta soprattutto negli arrangiamenti, del resto e per stessa ammissione di Bowie, i brani dell’album erano alquanto gradevoli e voleva rendergli giustizia.
La nuova versione esce postuma alla morte di Bowie ed inserita nel cofanetto “Loving The Alien 1983-1988”.
A tale scopo, Mario McNulty raduna una band di tutto rispetto negli Electric Lady Studios di New York: Sterling Campbell alla batteria, David Torn e Reeves Gabrels alle chitarre e Tim Lefebvre al basso. Tutti nomi molto noti e già utilizzati da Bowie in altri suoi dischi. Sopra tutti spicca Reeves Gabrels, presente in diversi progetti e tour di Bowie, con il quale questi aveva anche formato i TIN MACHINE, band rock sperimentale di discreto successo che però ebbe vita breve e che operò durante la fine degli anni 80.
Inoltre abbiamo la staordinaria partecipazione di Laurie Anderson nella parte parlata che fu di Mickey Rourke in “Shaining Star (Makin’ My Love)”, decisamente la peggiore di tutto il remake.
David Bowie ovviamente, non ha potuto riprendere le tracce della voce che sono rimaste identiche mentre il resto è stato completamente, o quasi modificato.
Purtoppo nonostante gli sforzi e l’ottima esecuzione di questi valenti musicisti, il risultato di “Never Let Me Down 2018” è alquanto mediocre, anzi si potrebbe dire un lavoro inutile.
Per quanto l’album del 1987 non sia sicuramente uno dei migliori di Bowie, è caratteristico nel suo sound anni 80 che qui viene completamente stravolto e perso. E’ come se si volesse tagliar via un pezzo di storia e la brutta copia che vi si sovrappone non regga il confronto.
La voce di Bowie in questo contesto si accentua nel difetto. Risulta ancora più nasale di quanto non lo fosse nell’album originale. Non è stato mai chiarito se si tratti di un problema di registrazione, ma certo dal punto di vista vocale sicuramente la sua performance in “Let’s Dance”, album precedente a questo, risulta nettamente superiore.
Non sapremo mai se Bowie avrebbe approvato questi arrangiamenti. Un progetto postumo alla morte è sempre un lavoro azzardato, che divide la critica ed i fan di tutto il mondo.
Una cosa rimane certa, Bowie ci ha lasciati due anni fa, ma la sua eredità musicale ed artistica ha ancora un enorme impatto e sembra essere ancora fonte di discussione ed ispirazione.
David Bowie ci manca, ci mancherà sempre.