A quattro anni dalla scomparsa di David Bowie, morto il 10 gennaio 2016, l’amico fraterno e produttore discografico Tony Visconti lo ricorda ancora con affetto e con accorate rivelazioni soprattutto riguardanti gli ultimi momenti insieme.
La lunga amicizia e collaborazione tra i due risale al 1967. Tony Visconti, figlio di immigrati italiani di seconda generazione, nato a Brooklyn nel 1944, aveva lasciato in quell’anno New York (dove era impiegato come produttore discografico interno) per lavorare a Londra, come assistente alla produzione per Denny Cordell, diffondendo la musica di numerosi gruppi pop britannici, tra i quali i PROCOL HARUM.
Visconti è un valido bassista e polistrumentista ed è molto conosciuto anche per essere stato il produttore di Marc Bolan e dei T-REX, negli anni d’oro del glam rock nei primi anni 70.
Cordell era in affari con un famoso editore, David Platz, che lavorava anche come editore per Bowie. Questi combinò l’incontro tra Visconti e Bowie, con la scusa di fargli ascoltare alcuni estratti dall’album di esordio del giovanissmo cantautore londinese.
David Bowie, allora appena ventenne, aveva pubblicato un album di scarso successo, semplicemente con il suo nome, come titolo. Aveva molte idee, suonava la chitarra ed il sax tenore e gli piacevano molti generi musicali, soprattutto era appassionato di musica underground e di quella oltreoceano. Tra Visconti e Bowie fu amore a prima vista.
Negli anni a venire Tony Visconti e David Bowie sarebbero passati attraverso moltissimi progetti insieme.
Il primo lavoro è “Space Oddity” (1969). Poco dopo Visconti, Bowie ed altri musicisti formano una band, THE HYPE, che però avrà vita breve. C’è da dire che nonostante lo scarso apprezzamento da parte del pubblico, la formazione sarà un trampolino di lancio per l’androgino Bowie del futuro. La band difatti vestiva con un look mai visto prima. Qualcuno dice che la notte del loro esordio, alla Roundhouse di Londra, nel febbraio 1970, fu quella dove inventarono il glam rock. Di lì a breve seguì il memorabile e rivoluzionario album “The Man Who Sold The World”. Dopo qualche anno di pausa i due amici si ritrovano a lavoro nel periodo post Ziggy Stardust con “Diamond Dogs” (1974), poi di nuovo durante la trasformazione di Bowie in cantante soul e trasferimento negli Stati Uniti con l’album “Young Americans” (1975).
Ma è forse il periodo in cui Bowie si trasferisce a Berlino per rinascere a nuova vita, cercando di disintossicarsi da una pesante dipendenza da cocaina che quasi gli aveva costato la vita, con altri tre storici album denominati più tardi Trilogia Berlinese: “Low” (1976), “Heroes” (1977), “Lodger” (1979). Tre capolavori che cambieranno per sempre il corso della musica. Nel 1980 ancora una svolta con l’album “Scary Monsters (and Super Creeps)”, osannato ancora oggi dalla critica musicale di tutto il mondo.
Poi le strade di Bowie e Visconti si separano per molti anni. Bowie affronterà il decennio degli anni 80 con progetti musicali più commerciali e purtroppo non tutti di gran successo. Forse solo “Let’s Dance” (1983) ed il tour mondiale, “Serious Moonligh” che ne seguirà, lo riporteranno allo splendore che aveva ottenuto dei primi anni 70.
Visconti e Bowie si ritrovano a lavorare insieme verso la fine degli anni 90 e nel 2002 finalmente un nuovo album “Heathen”.
Ancora una volta Bowie si rinnova, il tempo non ha più senso nella continua ricerca di nuovi stimoli e dunque non ancora del tutto soddisfatto decide di radunare Visconti e la sua band nello studio newyorkese di Philip Glass, per incidere subito un altro album dal titolo “Reality”, pubblicato nel 2003.
Ma proprio durante il “Reality Tour” nel giugno 2004, David Bowie viene colpito da infarto, che lo costringe non solo ad interrompere definitivamente il tour, ma anche a ritirarsi dalla scene per quasi 10 anni.
Bowie diventa quasi un fantasma, pochissime le apparizioni pubbliche, nessuna intervista rilasciata, nessuna musica inedita pubblicata e molte le storie metropolitane sulle sue condizioni di salute. Appare certo ormai si sia ritirato per sempre.
Ma l’8 gennaio 2013, il giorno del suo compleanno, pubblica a sorpresa un nuovo singolo “Where Are We Now” e dà l’annuncio di un nuovo album in uscita nel marzo di quell’anno, il bellissimo “The Next Day” per la gioia dei fan, e non solo, di tutto il mondo.
Visconti e Bowie cominciano a lavorare ad un nuovo album.
Frequentano insieme noti club di jazz di New York City e sembra che il nuovo progetto sia strettamente collegato a questo genere musicale. Nel novembre 2015 viene pubblicato il singolo “Blackstar” e l’8 gennaio 2016, nuovamente il giorno del suo compleanno, l’omonimo album contenente solo sette ma incredibili brani che diventano più tardi il testamento del cantante.
La malattia di Bowie, tenuta dallo stesso nascosta e combattuta per quasi 18 mesi, aveva preso il sopravvento, poi l’annuncio ufficiale della morte l’11 gennaio 2016.
Già molto prima e mentre Bowie era ancora in vita, Tony Visconti inizia a lavorare ad un nuovo progetto. Questa volta si tratta di formare una cover band, chiamata HOLY HOLY, che si ispira principalmente all’album “The Man Who Sold The World”, dove Visconti ed il chitarrista Mick Ronson avevano all’epoca dato un grosso contributo.
Tra i membri della band alla batteria troviamo tra gli altri Woody Woodmansey, che fu negli storici SPIDERS FROM MARS, Glenn Gregory (ex HEAVEN 17), la figlia di Visconti, Jessica Lee Morgan.
La band è diventata piuttosto popolare negli ultimi anni con diversi show sia negli Stati Uniti che in Europa ed è in piena attività in questi giorni.
Anche quest’anno sono state annunciate nuove date, la prima già da Gennaio in Irlanda presso l’Olympia Theatre di Dublino.
Nel 2019 Visconti ha lavorato a diversi altri progetti ed ha finalmente pubblicato, il suo piacevolissimo album da solista, “It’s a selfie”, un progetto che stava portando avanti da molto tempo tra un album di Bowie e l’altro.
Nonostante la scomparsa dell’amico David, per Visconti il suo ricordo struggente è ancora vivo ogni giorno che passa.
Queste le sue dichiarazioni a riguardo :
“Mi manca molto David. Abbiamo finito i suoi ultimi due album, “The Next Day” e “Blackstar”, nel mio studio di New York. Si sentiva molto a suo agio in quello spazio contenuto e accogliente, portando spesso con sé ben tre libri che avrebbe letto mentre lavoravamo alla parte tecnica.“
“Il divano sul quale era seduto è diventato un santuario, con un suo ritratto sul luogo in cui era solito sedersi. Quando lavoro con altri artisti, si alternano seduti lì. A volte mi commuovo e penso a come sia stato anche un grande amico con il quale ho avuto alcune delle migliori discussioni di sempre.”
“Era una gioia lavorare con lui. Avrebbe illuminato una stanza e tutte le persone coinvolte sapevano di essere parte di un grande disco. C’era sempre una sensazione di avventura nell’aria. Musicalmente eravamo sempre sulla stessa pagina. Quando raggiungevamo un punto in una canzone in via di elaborazione dicevamo: ‘Ora come facciamo a lanciare una chiave qui e a renderla qualcosa che nessuno ha mai sentito prima?'”
HOLY HOLY si sono esibiti sabato 11 gennaio, all’Olympia Theatre di Dublino. Tony Visconti, con Woody Woodmansey hanno tenuto una conferenza domenica 12 gennaio con Tony Clayton-Lea, al Royal College di Surgeons. Entrambi gli eventi fanno parte del Dublin Bowie Festival. Per ulteriori dettagli, potete visitare dublinbowiefestival.ie